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Gelido inferno (VI)

Ci accampammo dentro la jeep, in attesa che almeno la punta della montagna emergesse in superficie.
La terra tremava incessantemente. Percepivo ogni singolo tremore nelle ossa, nelle orecchie, nello stomaco. Era una delle peggiori sensazioni che abbia mai provato in tutta la mia intera vita.
Nessuno fiatava, tutti osservavano la voragine dal loro finestrino, appannandolo con il calore del respiro. Passarono un'infinità di minuti.



Una scossa più forte delle altre mi fece sobbalzare e aggrappare alla cintura di sicurezza. Davanti a me vidi affiorare la punta arrotondata della montagna, che dopo un'altra piccola scossa arrestò la sua salita con uno sbuffo di fumo. Ma quello che spuntava non era per niente di natura geologica. Il profilo della punta riluceva sotto i tenui raggi solari di un colore metallizzato, poco sotto al bordo del cratere si intuiva un profilo di un portellone, e sulla cima della punta vi era una cupola trasparente.
"Ma è una nave." L'affermazione di Alex confermò i miei sospetti.
"Non può essere, cosa ci fa una astronave lì?" Chiese Sandy.
"Non avrei mai potuto dire di credere agli alieni, ma quella non può che essere un'astronave aliena." Disse Thomas, quasi con un sorriso.
Io slacciai la cintura e aprii lo sportello della macchina. Desideravo più di ogni altra cosa avvicinarmi alla nave, non mi importava se fosse stata radioattiva o se mi avesse sciolto le dita appena l'avessi toccata, il voler toccarla era più forte di ogni altro impulso. Non provavo paura, il mio buon senso taceva, sopraffatto dall'istinto.
"Jamie! Cosa fai? È pericoloso!" Mi gridò dietro Elizabeth, ma io la ignorai e continuai ad avanzare verso la nave, affrontando la forza del vento.
Sentii Alex borbottare qualcosa alla trasmittente e poco dopo mi raggiunse. Ci avvicinavamo alla nave con cautela, ma senza mai fermarci.
"Ragazzi, aspettate! Veniamo anche noi!" Ci voltammo di sfuggita e vedemmo il resto del gruppo correre verso di noi. Ero felice di non essere l'unico folle ad avventurarsi verso la nave.

Il vento si era attenuato ma vidi salire del fumo dal terreno, il ghiaccio permanente cominciava a sublimare a contatto con il calore rovente della superficie metallica della nave. Decisi che era meglio evitare di toccarla, per non fondermi le dita in un millesimo di secondo.
La nave era enorme, si sopraelevava dal terreno di una trentina di metri e occupava interamente il cratere. Probabilmente era stata progettata per atterrare in piedi e non orizzontalmente, il portellone era dritto e non rovesciato. O magari avevano delle parti in verticale e altre in orizzontale. Avevo visto una cosa del genere solo nei film di fantascienza, nessuna nave spaziale terrestre raggiungeva quelle dimensioni. E nessuna nave terrestre sicuramente poteva trovarsi lì, a chissà quanti metri di profondità sotto il ghiaccio dell'Antartide. Perché poi una nave spaziale avrebbe dovuto trovarsi lì? Non dovrebbero essere fatte per viaggiare nello spazio? E poi come diavolo aveva fatto a penetrare nel ghiaccio antico di millenni? Beh, dal momento che si stava parlando di alieni, non avrei dovuto essere molto sorpreso.
"Secondo voi si può entrare?" La domanda di Sandy mi lasciò senza parole e con la gola secca.
Ma in realtà non aspettavo altro.

"Sandy, sei sicura?" Le chiese Thomas e lei annuì.
"Sono sicura. L'abbiamo trovata, tanto vale provare ad entrare e vedere cosa c'è dentro."
"Ma se ci sono... beh, ecco..."
"Degli alieni? Tanto meglio. Sarò la prima donna ad entrare in contatto con una civiltà extraterrestre."
"Ehi! E io?" Ribatté Elizabeth ridendo.
"Ma siete proprio sicuri? Io non andrei a disturbare qualsiasi cosa ci sia lì dentro. E se ci uccidono? E se ci rapiscono?" Thomas mi sembrava davvero preoccupato, ma io non lo ero. Ancora una volta mi vorrei picchiare per non aver ascoltato i dubbi degli altri. Quanto vorrei avere una macchina del tempo!
"Dai, Thomas! Non sei curioso di esplorare questa nave?" Gli chiesi.
"In realtà no."
"Tom, non sei proprio curioso di saperlo?" Sandy gli fece uno sguardo dolce e lui roteò gli occhi teatralmente, sbuffando.
"E va bene, entrerò! Se un polipo alieno mi si attacca alla faccia, spero che quello che mi uscirà dalla pancia ti sbrani." Sandy rise e si mise in testa al gruppo.
"Comunque non sappiamo come aprire il portellone." Constatò Alex, osservando la superficie della nave.
"Piede di porco? Fiamma ossidrica? Qualche idea?" Chiese Sandy, scrollando le spalle.
"Hai visto troppi film, Sandy."
"Proviamoci."
"Vedi dei piedi di porco o delle fiamme ossidriche nei dintorni, forse?"
"Che cosa abbiamo nel baule della jeep?" Si avviò indietro, verso la nostra jeep abbandonata in mezzo al nulla. Alex la seguì e poco dopo tornarono da noi con un piede di porco. Ancora mi domando da dove l'avessero tirato fuori, non mi ricordavo ci fosse. E avevo pure svuotato il baule il giorno prima.
I due iniziarono ad armeggiare con la fessura del portellone, cercando di scassinare e aprire una porta aliena. La nave a quanto pare si era già abbastanza raffreddata, perché non notai alcuna deformazione nel piede di porco.

Intanto che Alex e Sandy cercavano di aprire, io e il resto del gruppo ci disperdemmo per cercare altre entrate. Presi in considerazione l'idea di arrampicarmi fino alla vetrata per sbirciare dentro, ma probabilmente mi sarei ammazzato nel tentativo di scalare del metallo. Se fossimo riusciti ad arrivare alla vetrata forse saremmo potuti entrare dentro, ma pensai che se quel vetro aveva resistito al calore della terra e al gelo dello spazio profondo sicuramente non si sarebbe infranto con un paio di pedate. Esplorai una porzione di perimetro e trovai anche un altro portellone. Socchiuso. Fumava. Chiamai a gran voce i miei compagni.
"Qua c'è un portellone aperto!" Urlai alla trasmittente e gesticolai nella loro direzione per attirare la loro attenzione e portarli da me.
Ovviamente Sandy fu la prima a raggiungermi.
"Grande Jamie!" Mi saltò al collo, manco le avessi regalato dei soldi.
Andò verso la nave impettita, con il piede di porco in braccio e lo sguardo pieno di felicità. Infilò lo strumento nel piccolo spazio e tirò verso di sé.
Il portellone si spalancò e lei cadde per terra con un lamento.
Non potevo credere ai miei occhi.

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