"Tom! Tutto bene?" Elizabeth ormai stava per avere una crisi di nervi, se qualcuno si fosse fatto male la responsabilità sarebbe caduta quasi totalmente su di lei.
"Tutto bene, il rumore è più vicino di prima. Ma non riesco a capire da dove provenga." La voce di Thomas era passata da tranquilla a tremante.
Il rumore si ripeté nuovamente, più forte di tutte le volte precedenti.
"C'è qualcosa in lontananza..." Disse visibilmente spaventato Thomas.
"Torna indietro, è un ordine!" Elizabeth si mise le mani nei capelli, aveva gli occhi fuori dalle orbite per il nervosismo.
"Corro subito."
Sentimmo i suoi passi risuonare sul metallo del pavimento e contemporaneamente lo sferragliare aumentò di velocità.
Thomas urlò in modo straziante e noi urlammo di rimando il suo nome. Ci fu una confusione terribile, nessuno capiva cosa stesse succedendo; sia Elizabeth che Alex tentarono di imboccare il corridoio, ma io e Sandy li trattenemmo perché se c'era qualcosa di pericoloso là dentro, era meglio evitare di finirci nelle braccia. Intanto si percepivano rumori innaturali, con metallo e cose bagnate. La mia mente formulò un'immagine cruda, che preferisco non richiamare, anche se probabilmente fu quello che successe al povero Thomas.
Elizabeth piagnucolava tra le braccia di Sandy, che teneva gli occhi fissi nel buio sperando di veder tornare il nostro compagno.
Il rumore di metallo era cessato, regnava solo il silenzio.
"Usciamo da qui, alla svelta." Ci ordinò Elizabeth, con una nuova luce negli occhi colmi di lacrime. Per quello l'avevamo scelta come capo, perché sapeva cosa fare in ogni momento e non demordeva mai.
Riuscimmo ad arrivare alla piattaforma. Di Thomas o del suo cadavere neanche l'ombra. Nemmeno una goccia di sangue o brandelli di vestiti. Niente. Come se fosse svanito nel nulla assoluto.
Alex attivò la piattaforma, ma quella non rispose.
"È bloccata, dannazione!" Sbatté il pugno sui pulsanti, finché Sandy non lo fermò.
"Calma! Magari si è incastrato qualcosa!" Scese dalla pedana e ci girò introno, per vedere se qualcosa la stesse bloccando.
Trovò una leva poco lontano e l'abbassò. I tasti si illuminarono e noi tirammo un sospiro di sollievo.
Lei corse fino a noi, ma a un metro dal congegno per il teletrasporto inciampò in un tubo nero che era come comparso dal nulla.
"Sandy! Rialzati!" Esclamai, ma lei non riusciva a sollevarsi. Il rumore di metallo era ricominciato ed era quasi assordante. Qualsiasi cosa lo stesse producendo, era fin troppo vicina.
Quello che pensavamo fosse un tubo le si avvolse attorno ai polpacci come un serpente e la tirò verso il buio del corridoio.
Lei urlò e cercò di divincolarsi, noi tentammo di allungarci per prenderle le braccia ma la cosa nera fu più veloce e la trascinò nell'oscurità.
Il clangore fu ancora più intenso, si mischiava alle urla di Sandy e alle nostre.
Poi più nulla.
Totale silenzio.
Il corridoio sembrava meno nero di pochi istanti prima.
Alex premette il pulsante per il teletrasporto e riuscimmo a raggiungere il piano terra.
Eravamo scossi nel profondo, non riuscivamo a capire cosa potessero essere quelle creature, se davvero si trattava di creature, che avevano fatto scomparire Thomas e Sandy. Il dolore per le loro morti era enorme, ma mai grande quanto il desiderio di fuggire più lontano possibile da quell'inferno, lontano dall'Antartide e da quella missione che altro non aveva portato che la morte. Nessuno piangeva, non c'era tempo. L'unica cosa che contava era scappare.
Percorremmo il corridoio dove la nostra esplorazione era cominciata e lo ripercorremmo a ritroso, col fiatone e la paura nelle vene.
Corremmo per troppo tempo.
Era impossibile che avessimo mancato l'uscita.
"Dov'è il portellone?" Chiese Elizabeth fermandosi.
"Non possiamo averlo mancato, ma ci sono mille luci verdi in questi corridoi." Dissi.
"A meno che non sia stato chiuso per impedirci di uscire." Constatò Alex.
"Non può essere! Vuoi dire che siamo intrappolati qui?"
"Non mi sorprenderebbe se fosse così."
Il gelo calò tra di noi, era la consapevolezza di morte certa.
Ma nessuno di noi aveva intenzione di morire quel giorno per mano di un branco di extraterrestri. Dovevamo vivere per raccontare la nostra storia e rendere giustizia ai nostri amici.
Per fortuna Alex aveva ancora il piede di porco di Sandy. Riuscimmo a trovare un portellone chiuso e ci mettemmo a scassinare a turno, ruotando tra chi lavorava per scassinare e chi restava di guardia a coprire le spalle.
Alex era di guardai quando ricominciò a sentirsi il rumore di metallo, che a quel punto non poteva che indicare la presenza di un alieno. E con esso morte pressoché certa.
"Ragazzi, stanno tornando." Ci disse e noi ci fermammo.
Elizabeth impugnò il piede di porco, anche se tutti sapevamo che sarebbe servito a ben poco contro le ombre striscianti.
Rimpiangemmo tutti di non avere delle armi con noi. Avevamo in dotazione due pistole in caso di emergenza, ma erano rimaste alla base. L'unica arma che potesse essere considerata tale erano gli strumenti che utilizzavamo per prelevare i campioni da analizzare, ma erano rimasti nella jeep. Eravamo soli e disarmati contro un nemico che nemmeno potevamo vedere o conoscere.
Ci mettemmo spalla contro spalla, fronteggiando il buio che si stava addensando sempre di più.
"Mi dispiace non essere riuscito a conoscervi meglio." Dissi.
"Anche a me." Rispose Elizabeth.
"Spero di vedervi ancora dopo oggi." Mormorò Alex.
Ma non fu così.
Le ombre furono troppo veloci perché riuscissimo a reagire in tempo.
Sibilarono col loro frastuono metallico e in un battito di ciglia catturarono le caviglie di Alex.
Elizabeth tentò invano di piantare il piede di porco su di esse, ma non reagivano in nessun modo. Anzi, cominciarono a tirare verso le tenebre il nostro amico. Noi lo afferrammo per le braccia, cercando di fare resistenza alla forza sconosciuta che lo stava portando via da noi. In un primo momento riuscimmo a trattenerlo, ma dopo una breve esitazione il lembo di tenebre iniziò a tirare più forte.
Alex gridava per il dolore e noi non riuscivamo più a tenerlo.
A Elizabeth sfuggì la presa e io caddi per terra, mollando il braccio di Alex che venne risucchiato dal mare nero di fronte a noi.
Fu allora che li vidi. Uno di Loro.
La nuvola nera si addensava a delineare una figura alta più di due metri, sfiorava il soffitto, vagamente umanoide e che indossava un'insolita armatura scura, di una tonalità un po' meno nera della nebbia che formava il suo corpo. Ecco spiegato il rumore metallico.
Il viso non si riusciva a vedere, era un'intensa nuvola di nero che fluttuava sopra l'armatura. Mi ricordava uno dei Dissennatori di Harry Potter, con l'unica differenza che era reale.
Alex venne circondato dalla nebbia nera, continuava ad urlare a pieni polmoni, e poi fu inghiottito interamente. E svanì.
Ero totalmente impietrito. Non sapevo cosa fare, cosa pensare o qualsiasi altra cosa. Sentivo le gambe pesanti come se fossero state di cemento armato, la gola secca e le mani gelide. Non riuscivo nemmeno ad avvertire la presenza di Elizabeth vicino a me. I miei occhi erano concentrati sull'alieno che si stava lentamente avvicinando a me.
Dal torbido mare d'inchiostro che era la sua testa, scintillarono due luci rosse: i suoi occhi. Speravo di potermi risvegliare sulla mia branda nella base, sudato marcio per il terribile incubo che avevo vissuto, ma era tutto vero, tutto fottutamente vero. La cosa si avvicinò a me ed emise un sibilo basso e profondo. Non fece scattare i suoi tentacoli, ma si fermò a un metro da me. Intanto Elizabeth si era aggrappata al mio braccio sinistro e la sentivo tremare da capo a piedi.
La cosa non si muoveva, ma continuava a sibilare.
"Jamie, credo che stia cercando di comunicare." Mi disse la mia collega.
"Non abbiamo speranza di capirci."
"Lo so, ma non mi sembra voglia ucciderci."
"Non è che abbia molta fiducia in un coso che ha ucciso tre dei miei compagni."
L'alieno esalò un ultimo sibilo e poi si voltò e scomparve in una frazione di secondo.
Io ed Elizabeth ci scambiammo uno sguardo spaventato e incredulo e ci abbandonammo ad un lungo abbraccio. Lei mi stringeva forte le spalle, sapeva che ero l'unico rimasto insieme a lei. Io provavo le stesse sensazioni e decisi di proteggerla al costo della vita perché almeno uno di noi riuscisse a scamparla e a raccontare la nostra storia al mondo, per avvertirlo di ciò che incombeva.
Lei mi lasciò e vidi che aveva gli occhi pieni di lacrime. Feci per dire qualcosa ma sentimmo di nuovo il rumore metallico che annunciava l'arrivo di una di quelle spettrali creature.
Cercammo di individuarla, ma non vedemmo nulla né a destra e né a sinistra. Ma il rumore non cessava. Sentii il terrore invadermi la mente, dove diavolo poteva essere quell'alieno?
E poi buio.
"Tutto bene, il rumore è più vicino di prima. Ma non riesco a capire da dove provenga." La voce di Thomas era passata da tranquilla a tremante.
Il rumore si ripeté nuovamente, più forte di tutte le volte precedenti.
"C'è qualcosa in lontananza..." Disse visibilmente spaventato Thomas.
"Torna indietro, è un ordine!" Elizabeth si mise le mani nei capelli, aveva gli occhi fuori dalle orbite per il nervosismo.
"Corro subito."
Sentimmo i suoi passi risuonare sul metallo del pavimento e contemporaneamente lo sferragliare aumentò di velocità.
Thomas urlò in modo straziante e noi urlammo di rimando il suo nome. Ci fu una confusione terribile, nessuno capiva cosa stesse succedendo; sia Elizabeth che Alex tentarono di imboccare il corridoio, ma io e Sandy li trattenemmo perché se c'era qualcosa di pericoloso là dentro, era meglio evitare di finirci nelle braccia. Intanto si percepivano rumori innaturali, con metallo e cose bagnate. La mia mente formulò un'immagine cruda, che preferisco non richiamare, anche se probabilmente fu quello che successe al povero Thomas.
Elizabeth piagnucolava tra le braccia di Sandy, che teneva gli occhi fissi nel buio sperando di veder tornare il nostro compagno.
Il rumore di metallo era cessato, regnava solo il silenzio.
"Usciamo da qui, alla svelta." Ci ordinò Elizabeth, con una nuova luce negli occhi colmi di lacrime. Per quello l'avevamo scelta come capo, perché sapeva cosa fare in ogni momento e non demordeva mai.
Riuscimmo ad arrivare alla piattaforma. Di Thomas o del suo cadavere neanche l'ombra. Nemmeno una goccia di sangue o brandelli di vestiti. Niente. Come se fosse svanito nel nulla assoluto.
Alex attivò la piattaforma, ma quella non rispose.
"È bloccata, dannazione!" Sbatté il pugno sui pulsanti, finché Sandy non lo fermò.
"Calma! Magari si è incastrato qualcosa!" Scese dalla pedana e ci girò introno, per vedere se qualcosa la stesse bloccando.
Trovò una leva poco lontano e l'abbassò. I tasti si illuminarono e noi tirammo un sospiro di sollievo.
Lei corse fino a noi, ma a un metro dal congegno per il teletrasporto inciampò in un tubo nero che era come comparso dal nulla.
"Sandy! Rialzati!" Esclamai, ma lei non riusciva a sollevarsi. Il rumore di metallo era ricominciato ed era quasi assordante. Qualsiasi cosa lo stesse producendo, era fin troppo vicina.
Quello che pensavamo fosse un tubo le si avvolse attorno ai polpacci come un serpente e la tirò verso il buio del corridoio.
Lei urlò e cercò di divincolarsi, noi tentammo di allungarci per prenderle le braccia ma la cosa nera fu più veloce e la trascinò nell'oscurità.
Il clangore fu ancora più intenso, si mischiava alle urla di Sandy e alle nostre.
Poi più nulla.
Totale silenzio.
Il corridoio sembrava meno nero di pochi istanti prima.
Alex premette il pulsante per il teletrasporto e riuscimmo a raggiungere il piano terra.
Eravamo scossi nel profondo, non riuscivamo a capire cosa potessero essere quelle creature, se davvero si trattava di creature, che avevano fatto scomparire Thomas e Sandy. Il dolore per le loro morti era enorme, ma mai grande quanto il desiderio di fuggire più lontano possibile da quell'inferno, lontano dall'Antartide e da quella missione che altro non aveva portato che la morte. Nessuno piangeva, non c'era tempo. L'unica cosa che contava era scappare.
Percorremmo il corridoio dove la nostra esplorazione era cominciata e lo ripercorremmo a ritroso, col fiatone e la paura nelle vene.
Corremmo per troppo tempo.
Era impossibile che avessimo mancato l'uscita.
"Dov'è il portellone?" Chiese Elizabeth fermandosi.
"Non possiamo averlo mancato, ma ci sono mille luci verdi in questi corridoi." Dissi.
"A meno che non sia stato chiuso per impedirci di uscire." Constatò Alex.
"Non può essere! Vuoi dire che siamo intrappolati qui?"
"Non mi sorprenderebbe se fosse così."
Il gelo calò tra di noi, era la consapevolezza di morte certa.
Ma nessuno di noi aveva intenzione di morire quel giorno per mano di un branco di extraterrestri. Dovevamo vivere per raccontare la nostra storia e rendere giustizia ai nostri amici.
Per fortuna Alex aveva ancora il piede di porco di Sandy. Riuscimmo a trovare un portellone chiuso e ci mettemmo a scassinare a turno, ruotando tra chi lavorava per scassinare e chi restava di guardia a coprire le spalle.
Alex era di guardai quando ricominciò a sentirsi il rumore di metallo, che a quel punto non poteva che indicare la presenza di un alieno. E con esso morte pressoché certa.
"Ragazzi, stanno tornando." Ci disse e noi ci fermammo.
Elizabeth impugnò il piede di porco, anche se tutti sapevamo che sarebbe servito a ben poco contro le ombre striscianti.
Rimpiangemmo tutti di non avere delle armi con noi. Avevamo in dotazione due pistole in caso di emergenza, ma erano rimaste alla base. L'unica arma che potesse essere considerata tale erano gli strumenti che utilizzavamo per prelevare i campioni da analizzare, ma erano rimasti nella jeep. Eravamo soli e disarmati contro un nemico che nemmeno potevamo vedere o conoscere.
Ci mettemmo spalla contro spalla, fronteggiando il buio che si stava addensando sempre di più.
"Mi dispiace non essere riuscito a conoscervi meglio." Dissi.
"Anche a me." Rispose Elizabeth.
"Spero di vedervi ancora dopo oggi." Mormorò Alex.
Ma non fu così.
Le ombre furono troppo veloci perché riuscissimo a reagire in tempo.
Sibilarono col loro frastuono metallico e in un battito di ciglia catturarono le caviglie di Alex.
Elizabeth tentò invano di piantare il piede di porco su di esse, ma non reagivano in nessun modo. Anzi, cominciarono a tirare verso le tenebre il nostro amico. Noi lo afferrammo per le braccia, cercando di fare resistenza alla forza sconosciuta che lo stava portando via da noi. In un primo momento riuscimmo a trattenerlo, ma dopo una breve esitazione il lembo di tenebre iniziò a tirare più forte.
Alex gridava per il dolore e noi non riuscivamo più a tenerlo.
A Elizabeth sfuggì la presa e io caddi per terra, mollando il braccio di Alex che venne risucchiato dal mare nero di fronte a noi.
Fu allora che li vidi. Uno di Loro.
La nuvola nera si addensava a delineare una figura alta più di due metri, sfiorava il soffitto, vagamente umanoide e che indossava un'insolita armatura scura, di una tonalità un po' meno nera della nebbia che formava il suo corpo. Ecco spiegato il rumore metallico.
Il viso non si riusciva a vedere, era un'intensa nuvola di nero che fluttuava sopra l'armatura. Mi ricordava uno dei Dissennatori di Harry Potter, con l'unica differenza che era reale.
Alex venne circondato dalla nebbia nera, continuava ad urlare a pieni polmoni, e poi fu inghiottito interamente. E svanì.
Ero totalmente impietrito. Non sapevo cosa fare, cosa pensare o qualsiasi altra cosa. Sentivo le gambe pesanti come se fossero state di cemento armato, la gola secca e le mani gelide. Non riuscivo nemmeno ad avvertire la presenza di Elizabeth vicino a me. I miei occhi erano concentrati sull'alieno che si stava lentamente avvicinando a me.
Dal torbido mare d'inchiostro che era la sua testa, scintillarono due luci rosse: i suoi occhi. Speravo di potermi risvegliare sulla mia branda nella base, sudato marcio per il terribile incubo che avevo vissuto, ma era tutto vero, tutto fottutamente vero. La cosa si avvicinò a me ed emise un sibilo basso e profondo. Non fece scattare i suoi tentacoli, ma si fermò a un metro da me. Intanto Elizabeth si era aggrappata al mio braccio sinistro e la sentivo tremare da capo a piedi.
La cosa non si muoveva, ma continuava a sibilare.
"Jamie, credo che stia cercando di comunicare." Mi disse la mia collega.
"Non abbiamo speranza di capirci."
"Lo so, ma non mi sembra voglia ucciderci."
"Non è che abbia molta fiducia in un coso che ha ucciso tre dei miei compagni."
L'alieno esalò un ultimo sibilo e poi si voltò e scomparve in una frazione di secondo.
Io ed Elizabeth ci scambiammo uno sguardo spaventato e incredulo e ci abbandonammo ad un lungo abbraccio. Lei mi stringeva forte le spalle, sapeva che ero l'unico rimasto insieme a lei. Io provavo le stesse sensazioni e decisi di proteggerla al costo della vita perché almeno uno di noi riuscisse a scamparla e a raccontare la nostra storia al mondo, per avvertirlo di ciò che incombeva.
Lei mi lasciò e vidi che aveva gli occhi pieni di lacrime. Feci per dire qualcosa ma sentimmo di nuovo il rumore metallico che annunciava l'arrivo di una di quelle spettrali creature.
Cercammo di individuarla, ma non vedemmo nulla né a destra e né a sinistra. Ma il rumore non cessava. Sentii il terrore invadermi la mente, dove diavolo poteva essere quell'alieno?
E poi buio.
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