Quando finalmente avvistammo la terra, sotto di me vidi un paesaggio surreale: una vastissima distesa di terra innevata, montagne che svettavano verso il cielo con le loro guglie affilate, profili di coste con ghiacciai a strapiombo sul mare, ogni tanto dei pinguini, raggruppati in grandi gruppi di macchie nere, donavano colore al chiaro della neve.
Avevo la pelle d'oca per l'emozione, ma anche per il freddo, che stava cominciando ad abbassare la temperatura dei finestrini dell'aereo.
"Sembra di essere su Hoth." Commentò sbalordita Sandy e io sorrisi. Avevo pensato lo stesso.
"È sia bellissimo che spaventoso." Ribatté Alex, con tono cupo. Fissava la terra corrucciato, come se sentisse che qualcosa non andava.
Se solo avessimo provato le stesse sensazioni! Forse ora non sarei qui a scrivere queste parole.
Circa due ore dopo, atterrammo dolcemente su una breve pista costruita al riparo dalle intemperie. Il pilota, che grazie al cielo parlava inglese, ci disse di indossare le speciali tute termiche che Jenny aveva lasciato. Inoltre, ci comunicò che fuori non c'era un forte vento, per fortuna.
Indossammo le tute sotto i vestiti, fregandocene se ci potevamo vedere reciprocamente in mutande, in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri confusi e contraddittori. Le tute erano state recentemente brevettate dall'associazione che aveva finanziato la nostra spedizione ed erano dotate di una ricetrasmittente collegata a quelle dei compagni di squadra, in modo che si potesse comunicare fino ad un raggio di dieci chilometri.
Tutto ciò mi ricordava una missione spaziale, quelle che si vedono in ogni film di fantascienza: le tute, il paesaggio extraterrestre, gli atterraggi. La nostra era una nuova missione Apollo e noi eravamo i pionieri dell'Antartide.
Uscimmo dall'aereo in fila, Sandy in testa al gruppo. Il freddo invase la cabina del velivolo e mi fece rizzare i peli delle braccia. Sandy rise e uscì quasi correndo, entusiasta come una bambina che vede per la prima volta la neve. Noi la seguimmo e ci inoltrammo fuori, nell'ignoto.
Il bianco dava fastidio agli occhi, la terra era infinitamente vasta e il gelo mi mozzava il respiro.
In quel momento mi sentii libero. Una libertà fredda e bianca, stravagante, ma piacevole.
"Questo posto è meraviglioso." Sussurrò Thomas alla trasmittente.
L'edificio dove avremmo alloggiato ed effettuato le analisi biologiche era una costruzione grigia e squadrata, con una serie di strumenti di rilevamento in cima al tetto.
Entrammo dentro e di nuovo ebbi la sensazione di essere in una missione sulla Luna o su un altro pianeta perché l'interno del laboratorio assomigliava all'interno della nave di 2001: Odissea nello Spazio. Avremmo dovuto alloggiare lì per due mesi, la durata della spedizione. Ognuno di noi aveva una stanza personale, che nonostante la sua semplicità mi fece subito sentire a casa.
I laboratori erano così sofisticati che metà degli strumenti non li avevo nemmeno mai visti. Mi sentivo in paradiso, anche se ero sperduto nel nulla più assoluto a decine di gradi sottozero.
Ci radunammo nella sala comune per discutere il piano della missione. In uno dei documenti che Maurice mi aveva consegnato c'era una breve scaletta delle analisi che avremmo dovuto condurre, ma come e quando farle dovevamo deciderlo noi. Inoltre, il gruppo non aveva ancora un capo. Non avevo nessun problema a propormi come leader, ma preferivo che fosse qualcun altro a candidarsi perché non me la sentivo di diventare il capo alla mia prima ricerca, non mi sentivo pronto. Fortunatamente, Elizabeth venne in mio soccorso e si propose. Venne eletta all'unanimità.
Decidemmo di organizzare le giornate in modo semplice: raccolta dei campioni alla mattina, durante le ore di sole che avevamo a disposizione, e analisi per il resto delle ore di lavoro. Ovviamente la posizione del sole sarebbe cambiata durante il corso della missione, ma quando le ore di luce sarebbero aumentate non ci sarebbero stati problemi. All'interno del gruppo dovemmo dividerci a causa del diverso lavoro di Alex, che sarebbe venuto insieme a noi durante la raccolta, ma avrebbe lavorato per conto suo. Le sue analisi poi avrebbero integrato le nostre. Per il resto fu semplice organizzarsi.
"Secondo voi vedremo dei pinguini?" Domandò Sandy.
"Beh, speriamo. Sarebbe bello, anche se non possiamo studiarli." Rispose Elizabeth.
Effettivamente non avevo mai visto dal vivo un pinguino e quale occasione migliore di un viaggio in Antartide per colmare il vuoto?
La notte passò velocemente, anche se tutto mi risultava molto anormale: meteo diverso, ore di luce ridotte al minimo, silenzio di tomba fuori dalla mia finestra schermata dal freddo polare, nessun rumore di auto che sfrecciano o di musica nei locali, solo il sibilo continuo del vento. Mi dava l'impressione di essere regredito ad un'era preindustriale, ma contemporaneamente essere stato teletrasportato cent'anni nel futuro. Ero felice, realmente felice. Come mai ero stato in precedenza.
Alla mattina ci svegliammo presto per poter sfruttare appieno la luce. Dopo una colazione veloce ci dividemmo in due gruppi di esplorazione: io e Thomas, Elizabeth e Sandy. Alex rimase di controllo alla base, o al massimo si sarebbe allontanato di poco. Una persona doveva sempre rimanere alla base per monitorare le attività esplorative e per evitare problemi che potevano generarsi in assenza di personale. Ognuno di noi avrebbe svolto quel ruolo, a turni di una settimana l'uno.
Io e Thomas salimmo su una jeep e ci dirigemmo a Nord della base. Il GPS ci manteneva su una strada già spianata e ci guidava dove io non sapevo neanche lontanamente dove dirigermi. Thomas rimase silenzioso per quasi tutto il tempo e quello fu un bene per me, detesto guidare mentre il passeggero mi parla, specialmente se mi sto avventurando nella terra di nessuno. Il paesaggio era pressoché sempre uguale, ma a suo modo stupefacente. Non avevo mai visto una cosa del genere.
Raggiunto il sito, comunicammo ad Alex il nostro arrivo.
"Ricevuto, procedete con i prelevamenti. Le ragazze ancora non mi hanno avvisato, spero stiano bene." Ci rispose lui.
Iniziammo a lavorare e subito il gelo si fece sentire nonostante le tute termiche, il vento ululava e penetrava negli spiragli tra i confini dei nostri vestiti e ci faceva rabbrividire.
"È molto freddo?" Ci chiese Alex.
"Non so che temperatura ci sia, ma tira molto vento." Rispose Thomas.
"In realtà da quanto mi dicono gli strumenti, non è nemmeno molto forte per essere un vento antartico. Ma magari laggiù è diverso."
"Ragazzi! Ci siete?" La voce di Elizabeth interruppe il nostro discorso.
"Finalmente! Come mai ci avete messo tanto?" Chiese Alex.
"Abbiamo avuto un problema a metà strada perché si era bloccato il navigatore, ma abbiamo risolto abbastanza in fretta. Ora procederemo con le analisi. Tom, Jamie, voi avete già iniziato?"
"Sì, stiamo prelevando in questo momento." Risposi.
"Ottimo! Buon lavoro!"
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