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La vita in una bottiglia


Non ho più molto tempo, perciò sarò il più breve possibile.

Mi chiamo Stephen e mi restano solamente una manciata di ore da vivere.

Non avrei mai potuto nemmeno immaginare che la mia vita sarebbe stata così dannatamente corta, a chi diavolo sarebbe potuto venire in mente?

Non ho mai pensato veramente alla morte, a dire la verità. Ma nei rari momenti in cui il pensiero mi frullava nella testa, perché ero rimasto colpito da qualche incidente raccontato al telegiornale o solo perché non avevo altro a cui pensare, mi sono sempre detto che sarei sicuramente morto nel mio letto, magari troppo vecchio per ricordarmi cosa fosse successo la mattina, ma almeno a casa mia. In ogni caso non ho mai pensato che sarei potuto morire così giovane, speravo almeno di arrivare alla pensione. E invece no.

Il problema principale è che quando si è bambini, e poi adolescenti, non si pensa alla morte perché una mente così poco cresciuta e ancora innocente non considererebbe mai l’idea di cessare di esistere ancor prima di aver sperimentato le più disparate attività.

Ovviamente, salvo eccezioni. Ed io non ero un’eccezione, ero ordinario fino al midollo.

Da bambino non avevo la minima idea di cosa volesse dire morire, principalmente per colpa dei miei genitori che non affrontarono mai l’argomento, nemmeno l’anno in cui i miei ultimi nonni morirono, quando avevo dieci anni. Non volevano spaventarmi, non volevano mettermi a faccia a faccia con quell’incognita che è l’Aldilà, non volevano turbare il loro povero piccino. Ora rimpiango ogni parola di consolazione, ogni “Capirai da più grande”, ogni “Adesso sono in un posto migliore”. Se allora avessi avuto anche un minimo barlume di conoscenza, adesso non sarei qui a scrivere queste stupide righe che non arriveranno da nessuna parte. Eppure ho rimediato questa penna e questi fogli e ho iniziato, e il flusso di parole non si interrompe, quindi continuerò a scrivere finché non mi verranno i crampi alle dita.

Ho come la sensazione di aver sempre voluto sfogarmi su questo argomento, ma di essermi accorto solo in questo momento di essere in grado di farlo senza nessuno sforzo in particolare. A volte si riesce a scrivere senza essere scrittori, a quanto pare.

Che ironia della sorte rendersi conto di saper fare qualcosa solo quando si sta per crepare! Mia carissima vita, quanto sei ironica!

Ci sarebbero numerose attività che avrei voluto fare prima di passare a miglior vita: nuotare nell’immensità dell’Oceano Pacifico, vedere l’imponenza dell’Himalaya, imparare a suonare la chitarra, giocare a Black Jack al casinò, avere un figlio da allevare e amare. Sfortunatamente per me, la vita ha deciso che il mio destino sarà un altro.

La vita mi ha dato la possibilità di fare un viaggio in Amazzonia, uno dei miei più grandi sogni, ma purtroppo ha voluto includere nel pacchetto anche la sorpresa, che gentile!

Dopo anni di vita ordinaria, finalmente sono riuscito a fare un viaggio assolutamente straordinario, che però mi porterà al capolinea, in uno schifoso vicolo cieco. Probabilmente è il giusto contrappasso per il mio essere stato troppo banale nella mia esistenza, per il non aver mai portato a termine qualcosa che contasse davvero e il non aver mai fatto ciò che mi soddisfacesse al posto di limitarmi ad accontentare gli altri per paura di non essere accettato.

Il mio viaggio senza precedenti mi ha portato attraverso le fronde dell’Amazzonia più selvaggia e mi ha fatto incontrare con popoli al limite della civiltà. Ed è stato proprio uno di quei popoli a firmare la mia condanna a morte.

Sono entrato in contatto con questa strana popolazione, di cui non ho compreso nemmeno il nome, solamente due giorni fa. Mi hanno accolto calorosamente, come se fossi uno di loro nonostante non conoscessi la loro lingua o i loro costumi e nonostante sembrassi un alieno ai loro occhi, selvaggi come il luogo dove vivono. Ho assaggiato cibi insoliti, di cui non ho voluto conoscere l’origine, ho visto le meraviglie celate della Foresta Amazzonica e ho ammirato per la prima volta le stelle dell’emisfero australe, così diverse da quelle di casa. La Croce del Sud domina il cielo, un imperatore lucente e silenzioso e capace di emozionare ogni osservatore proveniente da lontano.

Ma il sogno nasconde quasi sempre un incubo dietro la sua illusoria spensieratezza. Questa mattina, con l’intento di esplorare una zona nuova della foresta, ho attraversato a piedi nudi un torrente apparentemente normale. Purtroppo tutto ciò è avvenuto sotto lo sguardo della figlia del capotribù, che ha prontamente riferito tutto al padre. Il torrente che ho attraversato, come ho scoperto dopo, era come una sorta di tempio sacro, e chiunque osi toccare le sue acque con il corpo impuro riceverà la giusta punizione. La mia condanna, da quel poco che ho potuto capire, verrà eseguita all’alba. Tra poche ore.

Non avrei mai pensato che la mia causa di morte sarebbe stata attraversare un semplice torrente in un bosco, ma ormai ho capito che la vita è imprevedibile e le piace giocare con noi fino a spingersi anche troppo in là. Credo che non si sia mai sentito di una morte così stupida, ma c’è sempre una prima volta per tutto. Beh, avrei preferito non essere la cavia, ma non posso cambiare le decisioni della vita.

L’amara conclusione del mio breve resoconto è che se esiste una legge che regola le nostre esistenze, allora dovete farvi furbi. Vivete ogni singolo secondo senza rimpianti, non ripetete le mie azioni.

Non abbiate timore di sperimentare, di vivere, di divertirvi. Siate cauti, ma non troppo, e rischiate quando lo ritenete opportuno. Amate, amate alla follia ogni secondo che avete a disposizione, perché ogni attimo è irripetibile nel tempo. Leggete, scrivete, componete, sognate e lasciate libero il cavallo indomabile dell’immaginazione, non costringetela con briglie e staffe perché lei saprà sempre come sfuggire. Uscite dagli schemi e non abbiate paura di urlare al vento, di ridere fino alle lacrime a sproposito, di emozionarvi con nulla o di essere realmente felici. Nessuno può imporvi di essere una persona che non desiderate essere, e nessuno può impedirvi di esprimere la vostra personalità e dare sfogo alle emozioni, perciò fatelo e mostrate a tutti com’è liberatorio essere se stessi. Io non l’ho mai capito, non l’ho mai applicato, e per questa ragione vi imploro di farlo. E allora quando verrà il momento in cui la vita vi cederà alla morte non avrete paura, non sarete terrorizzati da questo nuovo e incomprensibile abbraccio freddo.

Invece io sono terrorizzato da morire.

Se esiste un Dio lassù, spero che sia misericordioso con me. Del resto il mio unico peccato è essere stato troppo grigio, non ho fatto niente di male a nessuno.

Disgraziatamente ciò non posso saperlo perché le cose si riescono a conoscere ed apprezzare solamente quando finiscono o quando sono prossime alla fine.

Adesso affido questi fogli alla bottiglia d’acqua che avevo nello zaino e poi la lascerò ad un altro torrente, non la causa della mia morte, nella speranza che la mia lezione possa arrivare da qualche parte nel mondo e possa servire a qualcun altro grigio e piatto come me.

Ma non credo. Non sono stato abbastanza nella vita, non lo sarò di certo nella morte. E queste parole senz’altro non lo saranno.

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